Questo è il progetto di Livio Neri, Andrea Serri e di un gruppo di amici-istruttori che credono in un minibasket e in una pallacanestro diversa, fatta di amicizia, rispetto ed agonismo, che ti insegna i giusti comportamenti nella vita prima che in palestra. Astenersi perditempo.



giovedì 19 maggio 2011

Minibasket: un mondo di sorrisi

Di seguito trovate l'articolo pubblicato ieri sera sul giornalino di gara-2. A proposito: se vi becco ancora sulla balaustra ad urlare scemo ad arbitri o avversari vengo giù e vi faccio fare 1000 piegamenti sulle braccia. Se qualcuno si comporta male non è detto che noi dobbiamo fare altrettanto! Ricordatevi che noi sulle magliette abbiamo scritto "L'avversario è un compagno di gioco" non l'avversario è cretino e va insultato e ancora di più l'arbitro. Chiaro?

"Nel minibasket c’è il puro e semplice spirito del gioco, non ci sono calcoli, atteggiamenti falsi oppure tatticismi. Si viene in palestra per stare con i compagni, per condividere una emozione, per raccontare la giornata all’amico. Il basket è un pretesto, si tratta di un ritrovo, la voglia di stare insieme prevale su tutto. Ci sono bambini che non fanno un canestro in una stagione, ma ci sono sempre, fanno parte di una squadra e ti mostrano fieri il leone. Entri e senti le urla di gioia, l’entusiasmo che cresce, i leoncini che fanno di tutto per vincere una importantissima staffetta, e poi c’è la rivincita, e la bella e poi si va a bere ma si potrebbe fare dell’altro. I nostri bambini, ci guardano, ci scrutano, captano ogni minimo particolare, ti cercano, ti raccontano, ti toccano: e il rapporto che hai con ognuno è speciale, come loro. Alla fine della lezione hanno immaginato di aver attraversato foreste, di essere supereroi, di passare attraverso cerchi infiammati, di essere invincibili per avendo perso tutte le sfide: perché al minibasket funziona così, tutti possono eccellere in qualcosa. E poi capita che mentre pensi di dover lanciare la palla prima che il cattivo di turno ti prenda succede il miracolo: entra nel canestro, il fruscio della retina, quella soddisfazione che solo un ciuff ti può dare. Certo, è andata bene, il bello è riprovarci, ma ad un bambino di 7 anni il canestro importa poco o niente. È l’ambiente che fa la differenza, è il rapporto con il maestro (si ti chiamano proprio così), il fare parte di un gruppo: tanto c’è già chi fa canestro, io sono bravo a rotolarmi con la palla proverò a fare quello. Ci vuole una sensibilità sopra la media per resistere un’ora in una palestra con 25 bambini e 25 palloni che sbattono (si, perché a quella età la palla è mia e la gestisco solo io!): un modo di essere che solo gli altri istruttori capiscono e comprendono. Sei lontano dalle luci della ribalta, non ci sono campionati da vincere o serie di playoff da preparare, ma solo educare e divertire il tuo giovane pubblico. Essendo istruttore come voi so, cari colleghi del minibasket, cosa ci vuole e come ci si sente in palestra: è quella sensazione bellissima ed unica di fare qualcosa di buono per loro, per i bambini, per il loro futuro. Forse non diventeranno mai dei giocatori, ma vuoi che si ricordino di questi anni con un sorriso, e tu, ogni giorno ti organizzi, per regalarglielo quel benedetto sorriso. Ci vuole la vocazione, lo so, ed è per questo che vi stimo tantissimo, anche se non ve lo mai detto.
Continuate così, l’entusiasmo e l’apprezzamento eterno di un piccolo uomo non hanno prezzo."

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