Questo è il progetto di Livio Neri, Andrea Serri e di un gruppo di amici-istruttori che credono in un minibasket e in una pallacanestro diversa, fatta di amicizia, rispetto ed agonismo, che ti insegna i giusti comportamenti nella vita prima che in palestra. Astenersi perditempo.



venerdì 12 agosto 2011

Mettiamo i puntini sulle i (parte terza ed ultima, dal prossimo post si torna a parlare di basket!)…




In attesa che il Comune partorisca il topolino ed assegni le palestre alle Società Sportive richiedenti, l’attività cestistica 2011-2012 (la prima della storia per la Compagnia dell’Albero, e già questo mi carica e non poco!) partirà comunque a fine agosto come sempre, per quelli che sono già tornati dalle ferie. A brevissimo riceverete una mail con il programma e sarete avvisati anche tramite il mio blog. In questa estate strana ed afosa mi preme chiarire una volta per tutte un concetto in modo definitivo.
Avendone sentite di tutti i colori sulla mia persona tengo a precisare una cosa: anzi, conoscendomi, molti di voi non avranno nemmeno bisogno di queste delucidazioni, ma si sa, non siamo fatti tutti uguali.
Come vi ho già detto, quando ho deciso di lasciare il Basket Ravenna (nessuno mi ha cacciato, sia ben chiaro) l’ho fatto per una serie di cose: programmi futuri della società (su cui non concordo), valori (che potrebbero essere anche i miei, ma un conto è dire e l’altro è fare) e comportamenti (che spesso non sono congruenti ai valori etici ed educativi che vorrei trasmettere). Io sono fatto in questo modo: credo in tante cose che ho cercato di insegnare ai bambini, ma soprattutto penso che a parlare siano capaci tutti, mentre ad agire siano in pochi a farlo. Il modo migliore per educare è l’esempio corretto che può dare una figura adulta di riferimento, piuttosto che tante parole e tante filippiche anche po’ monotone dispensate qua e là. Gli inglesi usano una espressione che mi piace tantissimo e che ho fatto mia diversi anni fa: “leading by example”. Solo se ti metti in trincea e dai l’esempio, allora ottieni qualcosa di buono. Tutto qui. Essendomi reso conto che il mio modo di essere non era più compatibile alla realtà in cui operavo, ho tolto il disturbo. Senza scene isteriche, senza piatti che volavano, senza rancori, come credo sia giusto quando si parla fra persone intelligenti. Due pensieri ormai divergenti che prendono strade diverse. Legittimo da parte del Presidente Vianello (che ringrazio pubblicamente per l’opportunità che mi ha dato negli anni scorsi) pretendere dai suoi collaboratori “giocatori da serie B”; altrettanto legittimo da parte mia invece pensare ai gruppi e non ai singoli. Comprensibile da parte del Basket Ravenna tentare di spendere meno in giocatori di prima squadra formandoseli in casa; altrettanto comprensibile pensare, da parte mia, agli altri, a chi giocatore professionista non diventerà mai, ma che ha comunque diritto a divertirsi, a giocare fino a 50 anni negli amatori e a far parte di un gruppo.
Quando il 18 luglio ho salutato Roberto Vianello e gli ho spiegato le mie ragioni (e non era nemmeno la prima volta che succedeva, a dimostrazione che la direzione che si voleva prendere in Via della Lirica era già segnata da tempo) ho usato queste parole: “Il Basket Ravenna per me è stata come la casa dei propri genitori, dove si nasce, si vive, e si diventa adulti. Ora però vado a fare famiglia per conto mio, creo la Compagnia dell’Albero (di cui sono Consigliere nel CDA, nda), perché il mio percorso di crescita va verso quei valori. Senza rancore e senza polemiche. Ti ringrazio per questi anni meravigliosi, sono stato il Capitano di questa squadra, sono stato allenatore, istruttore e infine Responsabile Minibasket. Rimarrò comunque per sempre un tifoso del Basket Ravenna, i bambini della Compagnia tiferanno per la squadra della loro città e verremo a vedere le partite”. Non era retorica, ma credevo e credo sinceramente in quello che ho detto: squalifica o meno del PalaCosta, andrò a vedere le partite della B2. La risposta ottenuta, però, è stata di tutt’altro tono: “Chi va alla Compagnia dell’Albero, che sia istruttore o giocatore, non tornerà mai più al Basket Ravenna: nessun bambino della Compagnia dell’Albero giocherà mai nel Basket Ravenna!”. In quel momento, se magari avessi ancora un dubbio, me lo sono definitivamente tolto. Verba volant scripta manent. Siccome credo nel buon esempio, io a vedere la prima squadra ci andrò e tiferò per loro: nella vita una persona ha una propria dignità e una parola data resta tale. Sono stato minacciato diverse volte, specialmente quando arbitro le partite di calcio, ma questa uscita di Roberto Vianello proprio non me l’aspettavo. Pensavo fosse un’affermazione nata male e, francamente, speravo venisse rivista. Purtroppo, però, non è stato così, come mi viene da più parti riferito. Questa politica “esclusiva”, in realtà, sta andando avanti. Corre addirittura voce che sia io quello che mette zizzania. Peccato, quindi, una volta di più, che non abbiano ancora capito chi hanno di fronte: io sono e sarà sempre legato affettivamente al Basket Ravenna, almeno per il rispetto di quello che è stato. Io non porto rancore e lungi da me soltanto l’idea di mettere in difficoltà qualcuno.
Non sono io quello che dice mezze verità. Non sono io quello che lancia gli anatemi (“Chi va alla Compagnia non torna più indietro” mi ha tanto ricordato “Mille e non più Mille” pronunciato da Gesù Cristo). Non sono io quello che ha smesso di salutare quando ci si incontra. Non sono io quello che non risponde al telefono, oppure alle mail o agli sms. Divertente che i talebani della fatwa, dopo aver lanciato la loro condanna, ora provino anche a farmi sentire in colpa, perché, a loro dire, il mio comportamento di alto tradimento della causa “metterebbe in difficoltà” le famiglie, chiamate alla madre di tutte le scelte.
Io, in verità, dormo sereno. Giro a testa alta e non ho difficoltà a rapportarmi con nessuno. Mi assumo le mie responsabilità, ma gli altri si prendano le loro: quelle di aver costretto 8 istruttori a fare scelte diverse. Non sarà certamente il raccontare che io sia l’incarnazione di Lucifero che mi farà cambiare idea. E non mi prenderò nemmeno il merito (o il demerito) delle scelte che faranno le famiglie: noi siamo fatti in un modo, loro in un altro. C’è chi minaccia e toglie i saluti, chi invece ringrazia e continuerà ad andare al Palazzetto. Nessuno di noi ha dichiarato guerra al Basket Ravenna, anzi: nell’impianto educativo dei valori in cui credere c’è anche la Prima Squadra! Siamo semplicemente un gruppo di istruttori, che si parlano e scrivono in italiano, che si sono trovati un‘altra opportunità professionale e che si stanno mettendo in gioco per far sì che un importante progetto si realizzi.
“Chi vuol esser lieto sia del doman non v’è certezza” (per citare il grande Lorenzo De’Medici) è una grande verità, così come una frase che mi ripeteva sempre la mia nonna: “Se non mi vogliono vedere, si voltino dall’altra parte!”.
Buon Ferragosto a tutti!

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